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Barbablù. Trasposizioni del mito in letteratura e nelle arti: convegno internazionale (Pisa, 9-11 ottobre 2019)

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Dopo un primo seminario di studio dedicato ai “Barbablù Europei” (ottobre 2018), il gruppo di lavoro composto da Alessandro Cecchi, Fausto Ciompi, Serena Grazzini, Daniela Pierucci, Marina Riccucci, Francesca Romoli, Barbara Sommovigo e Valeria Tocco ha continuato a studiare le riscritture letterarie e artistiche della fiaba di Barbablù, coinvolgendo colleghe e colleghi di altre università italiane e straniere.

I risultati di questa indagine verranno presentati al convegno internazionale Barbablù. Trasposizioni del mito in letteratura e nelle arti, che si svolgerà a Pisa, presso il Palazzo Boilleau (via Santa Maria, 85) dal 9 all’11 ottobre 2019.

Si allegano la locandina, il programma del convegno e la raccolta di abstract degli interventi.

Oltre ai contributi scientifici, il 9 pomeriggio è prevista la lettura scenica Chi ha paura di Barbablù? curata da Barbara Sommovigo e realizzata in collaborazione col Teatro Verdi di Pisa; il 10 pomeriggio Elena Randi (Padova) intervisterà Jan Minarik, stretto collaboratore di Pina Bausch e già interprete del protagonista maschile della pièce Blaubart, tappa fondamentale nel percorso di ricerca dell’importante artista tedesca che con il suo Tanztheater Wuppertal rivoluzionò la scena artistica internazionale.

L’invito è rivolto a tutti gli interessati.

Per informazioni è possibile rivolgersi ad Alessandro Cecchi o Serena Grazzini.

«[…] il passaggio di questa atroce vicenda nella sfera stilizzata della fiaba, è stato un modo per rimuovere l’incubo, per non fare i conti con l’umanità, vorremmo dire con la ‘normalità’ di Gilles. Per molti secoli, la cultura occidentale si è rifiutata di affrontare il mostruoso, confinandolo nell’eccezionalità del caso limite, oppure ‘consumandolo’ come gioco intellettuale e artistico, al pari di tante altre ‘meraviglie’ esotiche e bizzarre, stupefacenti, anche perturbanti, ma comunque sempre controllabili dalla ragione, così care a un secolo come il Seicento. Ma nel Novecento l’aggressività genetica dell’uomo si è come liberata, ha potuto dispiegare il proprio potenziale distruttivo […]. Continuamente evaso e rimandato, il confronto si impone. […] È una storia che ci sembra insondabile, immersa nei suoi angosciosi misteri, refrattaria a ogni indagine storica e psicologica; e nello stesso tempo pienamente novecentesca, contemporanea, come se soltanto oggi disponessimo degli strumenti adatti per analizzarla. […] La domanda è sempre la stessa: è questo l’uomo? […] Ancora più importante della stessa realtà storica del personaggio sono le varie maniere con cui l’Occidente […] lo ha recepito, e le domande che continua a sollevare. Il fantasma di Barbablù non può trovare riposo perché riposo conoscitivo, quindi etico, non è mai dato a nessuno: meno che mai a noi, fratelli quiescenti del ‘mostro’»

Tratto da Ernesto Ferrero, Barbablù. Gilles de Rais e il tramonto del Medioevo.